New York, New York, Base dei Vendicatori
C’è un lato dell’essere Vendicatori che
molti non considerano. Ripulire il campo di battaglia da detriti troppo pesanti
per essere spostati da persone comuni, criminali da consegnare alle autorità,
dichiarazioni da rilasciare alla stampa.
Tutto questo non lascia molto tempo per
scambiare due chiacchiere con altri eroi, persone che ti hanno salvato la vita
più volte, ma con cui non c’è mai tempo di scambiare più di un paio di parole
tra una battaglia e l’altra.
Jeff Mace alias Capitan America si concede
un attimo di riposo, seduto sui pochi mattoni rimasti in piedi di una delle
pareti. Non ha mai incontrato personalmente molti degli eroi che hanno
partecipato allo scontro con i Signori del Male, e deve ammettere di non essere
nemmeno sicuro di riconoscerli tutti.
Ercole passa vicino a lui, trascinandosi
dietro lo Squalo Tigre legato con delle tubature piegate a mani nude.
-Non crucciarti per la dipartita del folle
Zemo, o Capitano; il Tartaro stesso non è una punizione sufficiente per quelli
come lui.
-Otto Signori del Male sono riusciti a
scappare, Ercole. Se solo fossimo stati più...
-Capitano, le due lezioni più importanti che
si imparano in tremila anni di avventure sono che c’è sempre un’altra
battaglia, e che non bisogna pensare troppo alle cose passate.
Capitan America annuisce con espressione
seria, pensando:
“Questo non ti impedisce di raccontare le
tue antiche gesta ad ogni occasione, ma forse hai ragione”.
I pensieri del giovane eroe sono interrotti
dall’abbagliante fulmine che si scarica a terra, a pochi metri da lui. Ben
pochi dei Vendicatori ne sembrano minimamente sorpresi.
-Wow – dice il Fulmine Vivente portandosi
una mano alla testa e barcollando – Credevo che non mi sarei più reintegrato.
<<Quando ho visto che ci stavi
mettendo un po’, ho pensato di chiedere aiuto ad un esperto>> - spiega Iron Man, indicando il potente
Thor.
-Lo apprezzo molto; se volete scusarmi,
vorrei evitare di vomitare addosso ad un dio – si congeda il Fulmine Vivente,
visibilmente provato dall’esperienza.
Visione si avvicina a Thor, brandendo
un’ascia incredibilmente massiccia.
-Stai attento, Visione, poiché il maligno
potere dell’Ascia dell’Esecutore può corrompere anche l’animo più nobile.
-Per
questo motivo preferisco che sia custodita ad Asgard, Thor. E’ troppo
pericoloso lasciarla in prossimità di esseri umani.
<<Quindi immagino che studiarla per
tentare di duplicarne scientificamente le proprietà sia fuori discussione,
giusto?>>
-Immagini bene – annuisce Thor, senza
sentire il bisogno di aggiungere altro.
I tre vecchi amici restano in silenzio per
alcuni secondi. Sono successe così tante cose dall’ultima volta in cui Thor ha
messo piede sulla Terra che non sembra esserci molto da dire.
-So
che il tuo nuovo ruolo di signore di Asgard ti impegna molto, Thor, ma non
dovremmo incontrarci solo quando il mondo sta per finire.
-Una battuta, vecchio amico?
<<Dovremmo fare una rimpatriata uno
di questi giorni. Anche un dio ha bisogno di una pausa di tanto in tanto, no?>>
-Chiedo scusa, padron Visione – interviene
Jarvis, avvicinandosi con un telefono senza fili in mano – Il Presidente
vorrebbe scambiare con lei due parole.
-Arrivo
subito. Fatti risentire al più presto, Thor – si congeda Visione, stringendo la mano al dio.
<<A proposito di pause, Jarvis, non
dovremo ordinarti di prenderti una vacanza vero?>>
-Credo sarà molto facile persuadermi. Riparare
la base va molto oltre le capacità di un semplice maggiordomo... anche se,
naturalmente, non posso lasciare il mio posto prima dell’arrivo del Damage
Control.
-Le stanze dei palazzi reali di Asgard sono
a tua disposizione, fido Jarvis.
-La ringrazio, padron Thor, ma avevo già in
programma un’altra destinazione. Se non avete bisogno d’altro, credo ci sia
bisogno di me altrove.
Il maggiordomo si allontana, ed il Dio del
Tuono impugna il mistico martello Mjolnir.
<<Non dirmi che te ne vai di
già>>
-Come ho già detto, urgenti questioni mi
attendono ad Asgard.
-Eh no, non te la cavi così facilmente –
interviene Erik Masterson, in piedi sulle macerie proprio di fianco a Capitan
America.
Thor stringe la mano all’amico e vecchio
compagno d’avventure, e Jeff Mace si sente un po’ fuori posto. Non ha più dubbi
sull’essere parte integrante del gruppo, certo, ma una cosa è sentirsi parte di
un mito e un’altra averlo vissuto fin dall’inizio.
-Il mio cuore si rallegra al pensiero che ti
sia stata data un’altra possibilità, Erik. Invero, non vi è altro mortale su
Midgard ad esserselo meritato più di te.
-Grazie, ricciolidoro. Salutami Sif, okay?
Thor si volta verso Capitan America. Occhi
più vecchi quasi quanto la creazione lo fissano Jeff Mace da eguale, che si
ritrova spiazzato.
Il Dio del Tuono appoggia il martello su una
delle spalle del giovane eroe, poi sull’altra, come se si trattasse di una
bizzarra investitura.
-Rendi fiera la leggenda che indossi,
ragazzo.
-E’ stato un onore, signore – risponde
Capitan America facendo il saluto militare al dio.
Thor fa un passo indietro, comincia a
roteare il martello alzando un forte vento gelido, e si lancia in cielo scomparendo
ben presto oltre le nuvole.
#77
Intermezzo
di Carlo Monni e Fabio
Furlanetto
Howard A. Stark Memorial Hospital
Il dottor Keith Kincaid osserva perplesso lo
schermo di un computer, che mostra due risultati molto diversi di una risonanza
magnetica eseguita su di un cervello umano.
Più in basso è indicato il nome della
paziente a cui appartiene quel cervello: Janet Van Dyne alias Wasp.
Di fianco a lui c’è il super-eroe Calabrone,
anche se dato che al momento non indossa la maschera forse preferirebbe essere
chiamato dottor Henry Pym.
-Incredibile – commenta Kincaid – Due
settimane fa, la paziente era cerebralmente morta: le funzioni cerebrali erano
completamente cessate. Ora non mostra nessuna anomalia. Non è un cervello completamente umano: c’è un’area del suo
cervello che non sarebbe attiva in una donna normale...
-Le sue antenne – ricorda Pym – Un tempo,
Janet aveva la capacità di farsi crescere delle antenne per comunicare con gli
insetti, così come le crescono le ali quando si rimpicciolisce. Quelle cellule
sono inerti da anni, ma l’area del suo cervello che può controllarle è ancora
attiva. Questo è un dettaglio importante.
-Non capisco perché. La risonanza ha dato
risultati identici a quelli dell’ultima analisi, che risale quasi ad un anno
fa.
-Significa che quella donna è davvero Janet Van
Dyne, dottor Kincaid. O almeno rende molto più basse le probabilità che si
tratti di un clone o di un doppio temporale.
-Ammetto di non aver nemmeno pensato a
verificare una cosa del genere...
-Faccio questo lavoro da molto tempo –
risponde Pym con un sorriso, il primo che si sia concesso da parecchie ore.
-A questo punto penso possiamo escludere che
Janet abbia subito dei danni cerebrali, e quindi non abbiamo spiegazioni per la
sua perdita di memoria. Qualunque cosa le sia successa, va molto al di là delle
mie conoscenze mediche. Onestamente, non ho altri motivi per tenerla in
ospedale per più di un altro paio di giorni.
-Oh, devo proprio? Io sto benissimo,
dottore! – interviene una debole voce femminile.
Il dottor Kincaid si guarda intorno per
capire da dove provenga la voce, mentre il dottor Pym scuote la testa.
-Janet, credevo ti avessi detto di restare
nella tua stanza.
-Ma mi stavo annoiando! Avevo proprio
bisogno di sgranchirmi le ali.
-Dottor Kincaid, se potesse prestarmi il suo
camice... – interviene Pym.
-A proposito, ragazzone, dove hai messo il
mio costume di molecole instabili? Il camice da ospedale non si è rimpicciolito
insieme a me...ed anche se il dottore è un gran bel fusto e conosce la mia
identità segreta, non è che sia disposta a rivelargli proprio tutto!
-“Identità segreta?” – si chiede il dottor
Kincaid, porgendo il camice al super-eroe.
-Hey, non fate i furbi e giratevi dall’altra
parte! – protesta Wasp, tornando alle proprie dimensioni naturali ed indossando
il camice per coprirsi – Non l’ho ancora ringraziata per avermi salvato la
vita, dottore...non so perché Hank le abbia rivelato la mia identità segreta,
ma...
-Miss Van Dyne, ci sono alcune domande che
vorrei farle – la interrompe Kincaid, sempre con gli occhi rivolti verso il
muro – Qual è l’ultima cosa che ricorda, prima di risvegliarsi in ospedale?
-Non ne sono sicura... potete girarvi
adesso. Ricordo di essermi svegliata alla Base dei Vendicatori, solo che era
tutto in rovina e c’erano decine di persone in costume che non ho mai visto
prima... ma potrei anche aver sognato. Per quanto tempo ho perso conoscenza?
-E’ quello che stiamo cercando di capire,
Jan. Prima della Base, cosa ricordi?
-Stavamo combattendo il Conte Nefaria. Alcuni
dei suoi uomini devono avermi sparato mentre cercavo di liberare Rick Jones
e... che ti prende, Hank?
-Sei...sei sicura che sia l’ultima cosa
che ricordi?
-Certo! Perché, qual è il problema? Abbiamo
sconfitto Nefaria, giusto?
-Janet...se questa è l’ultima cosa che
ricordi...sono passati dieci anni.
Uno dei vantaggi dell’essere tecnicamente
nel libro paga della Fondazione che gestisce l’ospedale in cui i Vendicatori
feriti sono ricoverati è che, oltre a godere di assistenza sanitaria
completamente gratuita, si hanno anche stanze private ed un servizio impeccabile…
il che, ma non dovrebbe sorprendere chi lo conosce, non basta a tenere a freno
l’impulsività di Clint Barton, altrimenti noto come Occhio di Falco.
-Le ripeto che sto benissimo, dottoressa
Foster…- sta dicendo alla donna in camice bianco che lo guarda con aria di
disapprovazione –Non ho alcun bisogno di restare qui e voglio tornare subito in
azione.
-Con il braccio destro praticamente
inutilizzabile, almeno per usare un arco, o qualunque altra arma, se è per
questo, e con un probabile danno neurologico in atto sulla cui estensione e
durata non sappiamo ancora nulla di certo?- ribatte Jane Foster.
-Sarebbe sorpresa di scoprire quante cose
sono in grado di fare con un braccio solo.- replica Clint ammiccando.
-Non m’interessa scoprirlo. Francamente sono
stufa di queste stupidaggini da macho. Temo che il testosterone danneggi
irreparabilmente le funzioni cerebrali di certi maschi. Comunque, se vuol
provarci… prenda pure in mano quell’arco e provi a tenderlo, vediamo cosa
succede.
Occhio di Falco non si fa pregare… ma per
quanto ci provi, non è in grado di tendere l’arco per più di pochi millimetri.
Continua a tentare stringendo i denti, mentre la sua fronte s’imperla di
sudore, poi, con un grido strozzato lascia lo strumento stringendosi il braccio
ferito con quello buono.
-Credo che adesso abbia capito il punto, Mr.
Barton. La ferita può sembrare superficiale, ma l’ago dell’… uhm Ago ha leso i
nervi ed il suo uso dell’arco subito dopo ha peggiorato la situazione. Le ci
vorrà del tempo e molta fisioterapia per recuperare completamente l’uso del
braccio. Nel frattempo le consiglio di non sforzarlo e di scordarsi per un bel
po’ l’uso dell’arco.
Clint non risponde, ma il suo volto esprime
molto bene i sentimenti di frustrazione che sta provando.
Da un’altra parte, nello stesso ospedale,
Julia Carpenter, alias Aracne, è ben contenta di avere una stanza tutta per se.
Ci mancherebbe anche mettere in pericolo un’identità segreta che sta cercando
faticosamente di mantenere. Le sue ferite sono molto meno gravi di quelle di
Occhio di Falco. I suoi compagni erano rimasti spaventati, quando l’avevano
trovata svenuta dopo che aveva sconfitto l’Anguilla, ma non c’era nulla di
veramente serio. Aveva chiesto troppo ad un fisico debilitato dalla battaglia
con Venom[1].
Stando al medico che l’ha visitata non c’è nulla che un po’ di riposo non possa
curare. Ne approfitterà per prendersi una vacanza con sua figlia. Che sollievo
sapere che Rachel era al sicuro a Denver. Dopo essere stata sconfitta e rapita
da Venom proprio di fronte a lei, Julia si era preoccupata a morte nel saperla
tutta sola in quella città, ma Rachel è una ragazzina in gamba ed è riuscita a tornare
a casa senza correre pericoli. Sentirla al telefono è stato un sollievo. Non
intende lasciarla da sola per molto tempo.
Laboratori REvolution. Clason’s Point,
Nell’ampia stanza ci sono solo tre persone. Una
di loro è un uomo di colore che sopra i normali vestiti indossa un camice
bianco, gli altri due sono: un uomo seminudo all’interno di una sorta di camera
iperbarica ed uno massiccio e cupo, che indossa una maglietta verde a righe verticali.
-Puoi uscire adesso.- dice lo scienziato.
Jack Hart esce dall’apparecchiatura e mentre
si rimette l’armatura del fante di Cuori si guarda intorno e si rivolge
all’uomo col camice.
-Tutto bene, Dottor Foster, o sbaglio?-
chiede.
-Beh… pare che tu abbia il pieno controllo
dei suoi poteri… almeno nei limiti in cui te lo consente quella tua armatura,
se è questo che chiedi.- gli conferma Bill Foster –La tua fisiologia un po’
particolare ha richiesto quest’apparecchiatura sperimentale, oltre ai miei
talenti, s’intende, per curarti ed esaminarti dopo che sei stato messo KO
dall’esplosione di Nitro.[2]
Per tua fortuna l’armatura ti ha protetto dalle conseguenze peggiori e
scansioni che abbiamo effettuato confermano che tutto è nei livelli giusti. Se
fossi un medico, ti consiglierei un po’ di riposo, ma sono solo un biochimico e
per giunta so molto bene quanto valgano certe raccomandazioni coi supereroi…
Visto che lo sono anch’io.
-Lo immagino. Beh, a dire il vero stavo
meditando di lasciare i Vendicatori per un po’, ma adesso… non so: mi sembra il
momento meno adatto.
-Beh, non lo è per me.- interviene l’Uomo
Sabbia, perché era lui il terzo uomo –Le mie scansioni dimostrano che adesso
sono a posto, ma ho passato un brutto momento. Ho deciso che mi prenderò una
vacanza e poi… potrei accettare la proposta di rientrare nella squadra di
Silver Sable. Fare il supereroe a tempo pieno non fa per me.
-Se la pensi proprio così… buona fortuna
amico- gli risponde il Fante.
Progetto PEGASUS,
Sersi esce dall’ascensore lasciandosi alle
spalle una mezza dozzina di scienziati che la osservano con un’aria trasognata.
L’Eterna è abituata a far girare le teste, ma il fatto che alcuni di loro siano
più interessati al suo potere di controllare la materia che al suo fisico le da
un po’ fastidio.
-La ringrazio nuovamente per averci
riportato l’artiglio di Klaw, Sersi – si rivolge a lei un uomo di mezz’età con
i baffi – L’ultima volta ci sono voluti mesi per ottenere il trasferimento
dalla Volta.
-Spero che questa volta riusciate a non
farlo scappare, direttore Gruenwald. Nessuna novità sulle autopsie degli
attentatori?
-Ah sì, la terrorista lemuriana e l’Inumano.
Abbiamo imparato più cose sulle loro specie dall’analisi dei cadaveri che da
anni di rapporti dai Vendicatori e dai Fantastici Quattro.
-Direttore, eravamo stati molto chiari
sull’eseguire solo indagini indirette: lemuriani ed inumani hanno tradizioni
funerarie molto precise.
-Non si preoccupi, Sersi, ci siamo attenuti
perfettamente alle vostre istruzioni. Sono entrambi stati uccisi dallo stesso
potentissimo veleno sintetico; sfortunatamente non siamo stati in grado di
determinare se il loro cervello fosse stato in qualche modo alterato o
manipolato.
-In pratica siamo al punto di partenza: o
Lemuria ed Attilan stanno in qualche modo complottando insieme, o c’è qualcuno
dietro questi attentati a tirare i fili.
-Mi sembra probabile, ma non posso fare
altro per confermarlo. Siamo arrivati.
La porta del laboratorio di cibernetica
scivola all’interno del muro. Una donna in camice da laboratorio sta saldando
qualcosa all’interno del petto di Jocasta; dietro di loro, una complessa serie
di robot industriali sta costruendo qualcosa dalla forma umanoide.
-Sersi, le presento la dottoressa Necker.
Dottoressa, Sersi di Olympia.
-Incantata – saluta la scienziata, senza
neanche voltarsi o sospendere quello che sta facendo.
-Tutto a posto con Klaw? – chiede il robot.
-Sì, ho parlato con i cervelloni al piano di
sopra: stanno studiando un modo per tenerlo in vita separandolo dall’artiglio.
Che stai facendo?
-Niente, avevo prestato il mio generatore
alla dottoressa perché lo studiasse, e ora lo sta mettendo a posto. Per fortuna
ho tre batterie di riserva.
-Assolutamente incredibile – giudica la
scienziata, richiudendo il pannello di accesso. Solo ora si volta verso
l’Eterna: è una bellissima donna dai capelli rossi.
-Ci siamo già incontrati? In qualche modo mi
è familiare.
-Credo che me lo ricorderei. Ora se volete
scusarmi, io e mister Stack abbiamo molto lavoro da fare.
-“Mister Stack”?
-Ho pensato che “Machine Man” non fosse
appropriato in un ambito di lavoro – interviene la testa del robot, agganciata
ad un tentacolo meccanico appena sceso dal soffitto. Sersi fa un passo indietro
sia per la sorpresa sia per l’aspetto del compagno di squadra.
-Oh, uhm, capisco. Nuovo look?
-Il mio nuovo corpo non è ancora completo –
risponde “Aaron Stack”, indicando il robot in fase di costruzione – Questa
mattina ho accettato l’offerta del Progetto PEGASUS di lavorare per il loro
reparto di cibernetica; ho comunicato la situazione a Visione, che mi ha
concesso di passare allo status di riserva per i prossimi tre mesi.
-Hai fatto presto a prendere una decisione
così seria. Ti ci vorrà davvero così tanto per ricostruirti?
-No, ma è un’opportunità che non potevo
rifiutare: rappresenta troppo per i diritti dei robot, e qui posso fare
moltissimo anche per lo sviluppo tecnologico degli umani. In effetti, ho
chiesto anche a Jocasta di unirsi a me.
-Mi serve un po’ di tempo per pensarci su –
risponde Jocasta, cambiando presto argomento – Beh avete parecchie cose da
fare, quindi forse è meglio se togliamo il disturbo.
-Questo laboratorio ha una connessione
ultrarapida, ci sentiremo stasera – risponde Aaron; il tentacolo avvicina la
sua testa a quella di Jocasta. Le labbra dei due robot si incontrano, e Sersi
giurerebbe di aver visto una scintilla.
Qualche minuto dopo, le due Vendicatrici
escono sulla superficie e si incamminano verso il Quinjet. Jocasta non ha detto
una parola da quando è uscita dal laboratorio, e tocca a Sersi rompere il
ghiaccio.
-Vuoi davvero lasciare i Vendicatori e
lavorare qui?
-Non voglio lasciare Aaron. Non l’ho mai
visto felice come quando ha visto quel laboratorio.
-Sì, sembrava proprio l’anima della festa;
ma immagino che sia tutto relativo. E vorrai tenere d’occhio la dottoressa
Necker, immagino.
-Perché? Da quanto ne so, le sue credenziali
sono ineccepibili: Aaron è in ottime mani.
-Chiedi ad Ercole di raccontarti del mito di
Pigmalione. Se non l’hai notato, è una gran bella donna.
-Non credo che Aaron sia interessato alle
donne. Cioè, alle donne non di metallo... hai capito.
-Quindi non sei minimamente gelosa? Non ti
da neanche un po’ fastidio che quella donna stia costruendo il corpo di Aaron
pezzo per pezzo, conoscendo tutti i segreti di ogni singola vite?
-Non essere ridicola! Lei è solo la sua
assistente, Aaron costruirà materialmente i pezzi.
-Davvero?
-Certo: gliel’ho fatto promettere io.
-Lo ami?
La domanda sembra spiazzare la robot, che
resta indietro di qualche passo.
-Io... io credo di sì...
-“Credi”. Beh, è un inizio. Pensi che lui ti
ami?
-Tutto è relativo – alza le spalle Jocasta;
questa volta è l’Eterna ad essere completamente spiazzata.
-E questo
cosa vorrebbe dire!?
-Solo perché siamo tutti e due robot non
vuol dire che siamo uguali. La mia mente è basata su quella di un essere umano,
mentre la sua è completamente artificiale. A volte è difficile capire se
proviamo la stessa cosa. Lui prova sicuramente qualcosa per me, ma non so che
cosa sia. Mi ha anche chiesto di aiutarlo a costruire un robot, ma... sai che
non posso.
-L’Imperativo Ultron – annuisce Sersi, senza
aggiungere altro. Da come ne parla Jocasta, la proposta di Machine Man
dev’essere stata di quanto più simile possibile al concepire un figlio... ma
nella programmazione di Jocasta è ben radicato l’ordine di ricostruire Ultron.
Finalmente le due arrivano al Quinjet.
Jocasta apre il portello d’ingresso, chiedendo:
-Sersi, posso trasferirmi nel tuo
appartamento?
-Cosa? – si meraviglia Sersi, che oggi
sembra trovarsi di fronte una sorpresa dopo l’altra.
-Una volta dimessa dall’ospedale Janet andrà
sicuramente a vivere alla Stark Tower, ed io... onestamente, ho già troppe cose
per la testa. Non ti accorgerai nemmeno di me, comunque: mi serve solo un
angolo dove mettermi durante il ciclo di ricarica.
Sersi sorride, e poi si lascia scappare una
risatina.
-Adoro vivere tra gli umani. Certo, perché
no? Il vicinato ha bisogno di un po’ più di verve.
Walter Newell e sua moglie Diane non sono poi tanto sorpresi dalla visita di colui che i media chiamano spesso Sub Mariner, ma che loro chiamano semplicemente:
-Namor! Che piacere rivederti amico.- esclama Walter.
-Volevo assicurarmi che stessi bene.- replica Namor –A quanto pare l’esplosione di Nitro non ha fatto troppi danni.
-Il mio
costume di Stingray ha assorbito buona
parte dell’impatto. Del resto è stato disegnato per sopportare la pressione
delle profondità marine. Ha retto molto bene.
-Mi fa piacere. Io non ho molti amici e non avrei
voluto vederne un altro ferito… o peggio.
-Ad uscirne peggio di me è stato quel
ragazzo, Justice. Ora è nella stanza accanto. La sua ragazza, Firestar,
dovrebbe essere con lui.
-Ma se la caverà, per fortuna. Quanto a te,
amico mio, ti sei fatto onore nella battaglia, ma mi dispiace di averti
coinvolto.
-Non sei stato tu ad impormi di… associarmi
ai Vendicatori e prima o poi Todd… lo Squalo Tigre… se la sarebbe presa con me
lo stesso.
-Come sta adesso, Todd?- chiede Diane Arliss
Newell in tono cupo.
-È in una di quelle prigioni speciali per
superumani, a quanto ne so.
-Speravo che potesse riacquistare la
ragione, ma temo che non ci siano più speranze.
Sia Namor che Newell tacciono, non sapendo
bene cosa dire.
Atlantide
Namorita non è un’ingenua: ha sempre saputo
che essere sovrani di Atlantide non significa solamente partecipare a cerimonie
solenni e feste grandiose, ma anche governare uno dei popoli più antichi del
pianeta.
Nella propria sala del trono, Namorita
inizia a sentire tutto il peso dell’essere Imperatrice: oggi avrebbe dovuto
presiedere una discussione su come portare la struttura burocratica del regno
sottomarino al livello delle nazioni di superficie, ma è stata, invece,
costretta ad indire un Consiglio di Guerra straordinario.
Namorita aveva letto tutti i libri esistenti
sulla storia di Atlantide, ed aveva sentito parecchie delle tradizioni orali:
sapeva benissimo che il rapporto tra il sovrano e l’elite militare atlantidea
era sempre stato burrascoso, ma trovarsi a gestirlo era tutt’altra cosa.
Negli ultimi mesi numerosi Signori della
Guerra avevano aumentato considerevolmente la propria influenza. I sudditi
avevano capito che Namor non sarebbe tornato a governare, ed anche se Namorita
era una sovrana popolare in molti mettevano in dubbio la sua capacità di
proteggere Atlantide.
Inoltre, la presenza di Namorita sul trono
atlantideo non era particolarmente gradita ai militari. Alcuni ritenevano
ingiusto che Namor abbandonasse il proprio popolo in favore di una ragazzina,
altri avevano nostalgia della vecchia posizione di belligeranza nei confronti
del mondo di superficie, altri ancora non gradivano dover ubbidire ad una
mezzosangue. Dal canto suo, Namorita aveva peggiorato la posizione cambiando il
millenario titolo di Signore della Guerra in Generale e del Ministero della
Guerra in Ministero della Difesa.
-Sono stata informata che Lord Vashti non
potrà essere presente al Consiglio per problemi di salute; dovremo cominciare
senza di lui – annuncia Namorita, le cui difficoltà nel tenere insieme un
governo sono state centuplicate dalla salute cagionevole del vecchio ma
politicamente scaltro Visir.
Il Generale Thakos si avvicina alla grande
mappa delle profondità marine che è stata portata di fronte al trono,
disegnando qualcosa con la punta di uno strano pesce-penna delle profondità
abissali.
Thakos è il Ministro della Difesa, e Namorita è stata
praticamente costretta a nominarlo. Era incredibilmente popolare tra i
militari, non aveva alcuna ambizione politica, ed anche se in passato si era opposto
con veemenza alla leadership di suo cugino, Namorita sa che Thakos ha veramente
a cuore la sicurezza di Atlantide. Namorita personalmente lo trova sgradevole,
ma rimane comunque certa che sia ancora la persona migliore per quell’incarico
tra quelle disponibili.
-Mia signora, questa è la posizione attuale
delle truppe di Lemuria; come può ben vedere, si stanno pericolosamente
avvicinando ai nostri confini.- le si rivolge Thakos.
-I confini di Atlantide sono mutevoli quanto
le maree, Generale – risponde Namorita – Dovrebbero nuotare per diversi giorni
prima di raggiungere le nostre provincie più remote. Non potrebbero essere
semplicemente delle esercitazioni?
-Forse gli abitanti di superficie
sprecherebbero così tanti guerrieri in un modo così stupido, ma non siamo così
fortunati da essere in guerra con loro – replica Thakos suscitando
l’approvazione silenziosa degli altri Generali; nessuno osa mettersi a ridere
in presenza dell’Imperatrice, naturalmente.
-Quindi cosa suggerisce, Thakos, che Lemuria
si stia preparando ad attaccarci?
-Da quando ci siamo alleati con le “Nazioni
Unite” di superficie, Lemuria non ha certo nascosto il proprio disappunto – le
ricorda Thakos – E secondo le nostre fonti, sta rafforzando da tempo il proprio
esercito.
-Forse re Karthon ha avuto una discussione
simile con i propri generali – nota Namorita, voltandosi verso le pesanti porte
che si stanno aprendo.
Scatta in piedi, alzando la voce per far
risaltare tutta la propria autorità:
-Chi osa interrompere il Consiglio di Guerra
di Atlantide?
-Imploro il suo perdono, mia signora – china
il capo l’anziano atlantideo appena entrato, facendo rimpiangere ancora di più
a Namorita di doversi atteggiare in questo modo; per quanto stia cercando di
modernizzare lo stato, l’elite militare si aspetta ancora un certo
atteggiamento da parte del sovrano.
-Avvicinati pure, Sador. Generali, sono
certa che Lord Sador, Ambasciatore di Atlantide presso Lemuria, getterà luce
sulle azioni del regno di Karthon.
-Karthon è morto – annuncia il diplomatico.
-Che cosa? – si meraviglia Namorita: ha già
incontrato il re di Lemuria, e le è sembrato un guerriero temibile quasi quanto
suo cugino.
-Secondo la corte lemuriana, è stato
vigliaccamente avvelenato dal Principe Namor. E se non consegneremo loro la
testa di Namor, dichiareranno guerra a tutta Atlantide.
New
Orleans, Louisiana
Anna Micheals è nel proprio appartamento, di
fronte al computer. Negli ultimi giorni ha dedicato chissà quante ore visitando
i siti dei maggiori quotidiani di New York, nella speranza che qualcuno di loro
parlasse dei Vendicatori. Lo scontro con i Signori del Male è stato in prima
pagina, naturalmente, ma nessun servizio faceva la benché minima menzione di
Photon.
Il sito dei Vendicatori non è di alcuna
utilità: solo un annuncio della sospensione degli aggiornamenti fino alla
ristrutturazione della Base, e nient’altro.
Qualcuno bussa alla porta. Anna corre ad
aprire, trovandosi di fronte una donna in abiti civili con lunghissimi capelli
rossi e bianchi.
-Oh mio dio – si lascia scappare Anna,
insieme alle prime lacrime; lasciando la porta aperta, rientra
nell’appartamento.
-Non le ho neanche detto chi sono – si
meraviglia Songbird.
-Per favore, non siamo a New York: quante
ragazze con quel colore di capelli pensa che ci siano? – risponde Anna,
trattenendo visibilmente altre lacrime.
-Devo davvero fare qualcosa per
quest’acconciatura – mormora Songbird, per poi appoggiare una mano sulle spalle
di Anna e continuare a voce alta:
-Anna, non è come pensi: Photon è ancora
viva.
-Davvero?
-Credo – chiarisce Songbird.
-Come sarebbe a dire... un secondo. Che ci
fai a casa mia? E come fai a sapere il mio nome?
-Se ti calmi un attimo ti spiego; forse è
meglio se ti siedi.
Anna obbedisce, andando a sedersi sul
divano. Songbird ripete il discorso che ha provato durante il tragitto:
preferirebbe tornare a combattere i Signori del Male che fare una cosa del
genere.
-Allora, innanzitutto, non sappiamo cosa sia
successo a Photon... oh, al diavolo, a Monica. Sì, conosco la sua identità.
Durante una battaglia si è trasformata in energia e non l’abbiamo più vista.
-Quindi non sapete che cosa le sia successo?
-No. Non ci sono tracce della sua energia
attorno alla base, il che è una buona cosa: significa che non ha perso niente,
e che con ogni probabilità riuscirà a reintegrarsi e tornare solida. Anzi,
secondo Calabrone ed Iron Man, le probabilità che possa riuscirci sono più del
99,99%. Ci sono però parecchie incognite... se non si è ancora riformata è
probabile che non riesca a farlo da sola, e non sappiamo ancora come
rintracciarla: anche Reed Richards ci sta lavorando. E’ solo questione di
tempo.
-Grazie al cielo. Ho visto in TV la minaccia
di Zemo, e non si è più vista dopo la battaglia. Immagino che queste cose siano
di routine per... oddio, i genitori di Monica! Dovremo dirgli qualcosa.
-Li ho avvisati prima di venire qui. I
Vendicatori hanno una procedura specifica per questo genere di cose.
-Per quando uno dei vostri scompare chissà
dove e non sapete quando tornerà?
-Bisogna essere preparati. C’è un modulo
particolare in cui Monica ha indicato le persone da avvisare in un caso del
genere. Tu ed i suoi genitori eravate nella lista di persone da informare nel
caso sparisse per più di tre giorni senza avere idea di quando sarebbe tornata.
-E dopo quanto è considerata...insomma,
quanto ci vorrà?
-Attualmente è classificata come
“scomparsa”. Se non dovesse tornare entro sei mesi sarebbe “dispersa”.
-No, intendevo per quanto continuerete le
ricerche?
-Una volta Vendicatore, per sempre
Vendicatore. La riporteremo indietro, Anna: è una promessa.
Stark
Tower
La stanza è molto ampia ed al centro è
occupata da un ampio e massiccio tavolo in legno.
<<Questa sarà la sala riunioni temporanea…almeno finché il
Palazzo dei Vendicatori non sarà di nuovo agibile.>> sta dicendo Iron Man, rivolto all’unico
altro occupante della stanza:
-Molto
bene.- replica Visione –Immagino
che tu abbia pensato anche agli alloggi di coloro che ne avranno bisogno.
<<Questo non è stato un problema: la recente crisi finanziaria
ha lasciato diversi appartamenti liberi nella torre e sono tutti ben
arredati.>>
-Risolto
questo problema, vorrei affrontarne un altro che ti riguarda da vicino.
<<Di che si tratta?>> Difficile dirlo con Visione, ma Iron Man giurerebbe di aver colto un
tono di disapprovazione nella voce del sintezoide.
-Di
War Machine. Sinceramente, questa faccenda del “Vendicatore segreto” e del fuorilegge
pubblico non mi piace molto. La trovo forzata e temo possa danneggiare
l’immagine dei Vendicatori.
L’elmo si solleva e Tony Stark guarda
Visione dritto negli occhi… o meglio lo farebbe se questi fossero visibili.
-Questo è un problema che dovresti
discutere direttamente con Rhodey.- replica –Qualcuno può forse pensarla
diversamente, ma lui non un mio servo. Ha preso le sue decisioni, fatto le sue
scelte. Se non ti piacciono, parlane con lui, non con me.
-Lo
farò, stanne certo.
Una limousine si ferma davanti alla
Stark Tower e ne scendono quattro pittoreschi personaggi… pittoreschi se non
fossimo a New York, cioè.
-Invero mi auguro che questa torre abbia
un alloggio degno del dio della Forza.
-Da quello che so di Tony Stark, non
sarei sorpresa di trovare degli alloggi lussuosi.
-Quell’uomo tende spesso a strafare, in
effetti.- commenta Wonder Man –In ogni caso, io mi accontento del minimo
indispensabile per la mia famiglia. Tu che ne dici Wanda?
-Non potrei essere più d’accordo,
Simon.- replica Scarlet, che sta tenendo in braccio il piccolo Charles, figlio
suo e di Simon Williams.
-Orsù, amici, andiamo. Il prode Ercole
si occuperà dei bagagli di codeste leggiadre fanciulle.
-Non vorrai davvero portare tutti i
bagagli a spalla da solo?
-Una ben misera impresa per colui che
ha affrontato i temibili uccelli di Stinfalo, sconfitto il leone di Nemea e
ripulito le stalle di Augia… anche se, a dire il vero, in quest’ultima impresa
ho avuto un piccolo aiuto.
-Oddio, chi lo ferma più adesso?-
sospira Wonder Man, poi tutti entrano nella Torre al seguito di un Ercole
carico di roba e che continua a parlare.
Arlington,
Virginia
Il
Pentagono
Valerie Cooper ha iniziato da poco tempo il
proprio lavoro di Consigliere del Presidente per gli Affari Superumani, e già
comincia a pentirsi di aver accettato una posizione simile: quando il
Segretario alla Difesa ti guarda con un’espressione da “vorrei proprio non
doverti parlare”, non è mai un buon inizio.
Dopo averle stretto la mano, il Segretario
si siede alla scrivania e le porge un plico di documenti. La scritta “Top
Secret” è impossibile da ignorare.
-Suppongo di essere stata autorizzata a
leggerlo.
-Lo è adesso.
Valerie legge il documento, un breve
comunicato dello S.H.I.E.L.D. E per quanto sia una maestra nel non lasciare mai
che le emozioni si facciano strada nel suo lavoro, non riesce ad evitare di
lasciarsi scappare a bassa voce:
-Oh mio dio. E’ confermato?
-Ultron è entrato in possesso di una
cospicua quantità di Inferno-42, sì. Suppongo che lei conosca questa sostanza,
miss Cooper?
-Un’arma di distruzione di massa creata
dall’AIM – annuisce Valerie – Con la quantità rubata da Ultron, potrebbe
uccidere decine di milioni di persone. Ma se la data di questo rapporto è
corretta, ne dispone ormai da diverse settimane. Perché non lo ha ancora usato?
-C’è di peggio. Come ben sa, una delle
priorità dell’attuale amministrazione è mettere al sicuro tutte le super-armi
che gli Stati Uniti e
-La bomba usata per sterminare i Marziani
nella Guerra dei Mondi. Non capisco dove voglia arrivare, signor Segretario:
c’era una sola Bomba, ed i piani per la sua costruzione sono andati perduti.
-Questo è quello che abbiamo ammesso
pubblicamente per non scatenare il panico, miss Cooper. In realtà siamo ancora
in possesso dei piani originali; alla fine della Guerra dei Mondi, però, le
Nazioni Unite hanno deciso che un’arma simile era troppo pericolosa per essere
custodita da una sola nazione. Tre giorni fa, Ultron ha fatto irruzione in una
base SHIELD su suolo americano ed ha rubato parte dei piani.
-Ora capisco qual è la parte peggiore...
-Non ci sono ancora arrivato, miss Cooper.
Secondo i nostri analisti, Ultron è probabilmente abbastanza sofisticato da
costruire la bomba anche con una frazione del progetto...ma non per duplicare
il procedimento di produzione delle particelle al betatrone. Tuttavia esiste la
possibilità che il principio attivo della bomba possa essere sostituito da
quantità concentrate di Inferno-42... e se Ultron riuscisse ad unire le due
tecnologie, avrebbe a propria disposizione un’arma capace di uccidere qualsiasi
forma di vita su questo pianeta.
-E’ terribile, ma... anche se non voglio
sembrare egocentrica... cosa ha a che fare tutto questo con me?
-Il peggio arriva adesso, miss Cooper. Il
Presidente si aspetta la sua opinione su come dovremmo procedere per salvare il
mondo: ci sarà una riunione alla Casa Bianca questo pomeriggio.
Simon Williams apre lentamente la porta,
entrando senza aver ricevuto nessuna risposta. Non c’è nessuno nella stanza:
solo il letto sfatto e la pila di riviste di moda gli fanno capire di non aver
sbagliato camera.
-Janet, sei qui? – chiede Simon, udendo un
debole ronzio passare vicino alle sue orecchie.
Muovendosi più velocemente di quanto la sua
massa muscolare possa far pensare, chiude rapidamente la porta anche se deve
stare attendo a non usare troppa forza e non abbatterla.
-I dottori mi hanno fatto promettere di non
uscire dalla stanza.
Simon si avvicina al letto per posare il
mazzo di fiori sul comodino. Il ronzio gli vola di fianco, dove Janet Van Dyne
ritorna alle proprie dimensioni naturali seduta sul letto.
Indossa un costume rosso e nero, uno dei più
vecchi che Simon ricordi di averle visto usare.
-Salve, bel fusto. Altri fiori dai miei
ammiratori?
-Solo un augurio di pronta guarigione da me
e Wanda. Ti vedo in forma.
-In più di dieci anni non ho messo su un
solo chilo di troppo – risponde Janet con un sincero sorriso, mettendosi in
posa come se si aspettasse una fotografia.
Poi il silenzio dura un po’ più del dovuto,
ed il sorriso si spegne.
-Beh, questo è imbarazzante. Dovrei
conoscerti, vero?
-Ci siamo già incontrati, sì. Anche se
probabilmente non mi hai mai visto senza costume – chiarisce Simon, togliendosi
gli occhiali da sole.
I suoi occhi non hanno nulla di umano,
mostrando l’energia ionica di cui sono composti.
-Wonder Man!!! – urla di gioia Janet,
saltando addosso al vecchio amico ed abbracciandolo –Credevo fossi morto, ti ho
visto morire.[3] Come è possibile che tu
sia vivo? Aspetta: ha funzionato! A scoppio ritardato, ma ha davvero
funzionato! Credevo che Hank fosse matto quando ha voluto metterti in quella…
com’è che l’ha chiamata? Ah si… capsula di stasi. Avrei dovuto saperlo che Hank
e quel dottor come-si-chiama ti avrebbero curato!
-Ah, a dire la verità, in effetti quella
volta sono davvero morto. Ma poi sono stato meglio – risponde Simon,
allontanando Janet; era da parecchio tempo che non la vedeva così esuberante,
quasi infantile.
-Direi: a me sembri un po’ troppo muscoloso
come cadavere – replica Janet, tastando uno dei bicipiti di Simon e facendogli
l’occhiolino. Per fortuna, uno dei vantaggi di essere composti di energia
ionica è che non si può arrossire. O almeno lui lo spera.
-Ah, sì, ehm. Comunque, pensavo che forse
parlare con qualcun altro che ha avuto un’esperienza simile alla tua potrebbe
aiutarti a ricordare, o almeno accettare quello che è accaduto.
-Non preoccuparti troppo, Hank sistemerà
tutto. Invece di preoccuparmi di essere assalita da super-criminali, dovrò
stare attenta a non farli cadere ai miei piedi ora che non avrò più la maschera
a rovinarmi il trucco o quell’assurdo elmetto a fare a pugni con
l’acconciatura.
Simon la fissa con sguardo incredulo. Non è
solo la memoria: Janet sta anche parlando come un tempo.
-Che c’è? Sono i capelli, vero? Devono
essere un disastro. Pensi di coprirmi un paio d’ore, bel fusto? Anche nel
futuro, devono esserci dei parrucchieri da queste parti.
-Janet, per favore: la questione è seria.
-Dov’è Hank? Non riesco a credere che mi
abbia scaricata! Giuro, per essere così adorabile a volte quell’uomo è davvero
con la testa tra le nuvole.
-E’ dovuto andare a salvare il mondo o
qualcosa del genere4. Avete già...parlato di quello che è
successo negli ultimi anni?
-Siamo ancora tutti e due nei Vendicatori?
Ho sempre pensato che dopo il matrimonio ci saremmo ritirati. A proposito, da
quanto tempo siamo sposati?
Wonder Man si morde un labbro. Perché non è
andato lui a rischiare la vita per salvare il mondo? Sarebbe stato molto più
semplice che spezzare il cuore ad un’amica.
Stark Tower
Eric Masterson sta fissando il telefono da parecchie ore. Tutti gli esami medici a cui lo hanno sottoposto dimostrano che è in perfetta salute, e secondo tutte le analisi a disposizione della scienza moderna non ci sono dubbi: lui è Eric Masterson.
Ma lui sa di non esserlo veramente. Il vero Eric è morto da qualche anno, ormai, e lui è solamente una copia creata da imperscrutabili dei alieni. Una copia che ha tutti i ricordi dell’originale, tutti i suoi sogni ed i suoi affetti. Finalmente si decide a comporre il numero, esitando solo nel comporre l’ultima cifra.
Ogni squillo sembra durare un’eternità; poi finalmente una voce femminile risponde.
-Pronto?
-Marcy. E’ bello risentire la tua voce.
-Ma chi parla?
-Sono Eric, Marcy. Non sono più bloccato nella forma di Thunderstrike: sono di nuovo me stesso.
Non c’è nessuna risposta dall’altra parte.
-Pronto? Marcy? Per favore, dì qualcosa.
-Eric è morto. Che cosa vuoi da me? Perché non mi lasci in pace?
-So di non essere davvero il tuo ex marito, Marcy, ma in un qualche senso...lo sono. Ho tutti i suoi ricordi, tutti...
-Ne ho abbastanza di questo genere cose, Thunderstrike: voglio che la mia famiglia abbia una vita normale. Non voglio più parlare con te.
Marcy Masterson Steele riaggancia, ed Eric
si ritrova ad ascoltare il suono ripetitivo della linea interrotta.
Sede centrale delle Nazioni Unite, New
York City
Department of PeaceKeeping Operations SuperHuman Section
Helaine Rochelle, direttrice della SHS, rientra nel proprio ufficio sedendosi alla scrivania. Il suo segretario prende nota di tutto quello che sta chiedendo, ormai abituato all’accento francese:
-...per cui un censimento mutante è cruciale per l'interesse del mondo intero. Fine, trascrivi tutto e fammelo rileggere prima di spedirlo. Cosa abbiamo adesso, Chapman?
-La riunione sulla revisione strategica dei piani di emergenza in caso di invasione aliena comincia tra dieci minuti.
-Ah, sì, almeno un’ora di discussione su quanto stiamo dando troppo peso ai super-eroi americani. Ha pronte le stime sulla popolazione super-umana della Cina?
-Le abbiamo ricevute questa mattina; dovremo ristampare i documenti per la riunione: il numero che abbiamo usato noi era tre volte superiore a quello reale.
-Lasci il
numero più alto, non voglio che
-Nove, signora direttrice. Se ha cinque minuti da dedicargli, il Procuratore Generale degli Stati Uniti ha chiesto la posizione ufficiale dell’SHS riguardo le procedure di estradizione di criminali super-umani.
-D’accordo, passami la sua telefonata. C’è altro, Chapman?
-C’è un pesce volante con un occhio solo che cerca di attirare la sua attenzione dietro di lei, signora direttrice.
-Grazie, Chapman; dammi cinque minuti prima di passarmi la telefonata. E’ tutto.
Il segretario esce tranquillamente dall’ufficio, senza essersi minimamente scomposto per la strana visione.
L’occhio del pesce si illumina, e l’ologramma di un uomo dalla pelle verde in armatura appare al centro dell’ufficio.
-Abitante del mondo di superficie, io sono il
Ministro Morel di Lemuria.
-Helaine Rochelle. Piacere. Cosa posso fare per lei, Ministro? Lo sa che le Nazioni Unite non riconoscono ufficialmente Lemuria.
-Sembri stranamente a suo agio con le
capacità del pesce-schermo, abitante del mondo di superficie.
-Direttrice Rochelle, se non le dispiace. Perché crede che abbia ottenuto questo lavoro?
-Hm. Anche se le sue Nazioni Unite non sono
in rapporti ufficiali con Lemuria, conoscete appieno le capacità dei nostri eserciti
o avreste già tentato di conquistarci.
-Le Nazioni Unite non conquistano nessuno, Ministro. Ma sì, sappiamo che avete un esercito. Ripeto: cosa posso fare per lei?
-I nostri servizi segreti ci hanno informato
che il mezzosangue atlantideo Namor dimora tra le vostre genti. Namor è
accusato di avere vigliaccamente assassinato il nostro beneamato re Karthon.
-Offro le mie più sincere condoglianze al suo popolo, Ministro, ma...
-Abbiamo consegnato il nostro ultimatum ad
Atlantide: se non ci consegneranno Namor, sarà guerra tra i nostri popoli. L’ho
contattata per avvisarla: se una qualsiasi nazione del mondo di superficie darà
asilo al regicida, non esisterà terra asciutta che possa salvarvi.
-Devo intendere questa come una
dichiarazione di guerra preventiva, Ministro?
-Lo
intenda come un avvertimento, Direttrice Rochelle. Lemuria circonda numerose
terre di superficie, e mi creda: solo perché viviamo sul fondo dell’oceano non
significa che non possiamo infliggere danni inimmaginabili alla vostra
popolazione. Non vogliamo la guerra, ma la avverto: non ci mancano i mezzi per
persuadervi a cedere alle nostre richieste. Vorrei soltanto rendere la
transazione il più indolore possibile.
-Capisco. Tuttavia, Ministro, si renderà
conto che io sono solo una diplomatica e che non posso prendere decisioni di
questa portata da sola.
-Consulti
pure i suoi superiori, Direttrice Rochelle. Ma per usare un’espressione di
superficie, si ricordi che Lemuria vi tiene d’occhio.
L’ologramma scompare, ed il pesce batte
rapidamente le pinne-ali per volare via.
-Chapman, cancella la riunione. Devo parlare
con i Vendicatori.
NOTE DEGLI AUTORI
Solo poche, brevissime, parole per ricordare
a coloro che non lo sapessero che Wasp rimase ferita a causa di un colpo di
pistola sparatole da uno sgherro del Conte Nefaria su Avengers #13 datato
febbraio 1965 (Prima edizione italiana su Thor, Corno, #19/20). La ferita ad un
polmone era molto grave e lei sarebbe morta in breve tempo se non fosse stata
operata da un luminare della chirurgia polmonare. No, non stiamo parlando
dell’allora già abusato dottor Don Blake, ma di un misconosciuto chirurgo
norvegese, il dottor Hjarmal Knute Svenson. I Vendicatori scoprivano che
Svenson era “ospite” di una cittadella segreta sotto il Polo Nord, abitata
dagli alieni umanoidi chiamati Kallusiani, che si nascondevano dalle armate
degli Yirbek un’altra razza aliena, stavolta di tipo rettiloide come gli
Skrull. Per salvaguardare l’integrità della Terra, rispettando una promessa
fatta a Svenson ed ai Vendicatori, i Kallusiani fuggivano nello spazio
tallonati dagli Yirbek. Svenson ed i Vendicatori venivano teleportati a New
York e Wasp veniva salvata. Della sorte dei Kallusiani e dell’esito del loro
scontro con gli Yirbek non abbiamo mai saputo niente. Il tutto avvenne su
Avengers #14 datato marzo 1965 (Prima edizione italiana su Thor, Corno, #22).
Adesso, se siete interessati a sapere come
reagiranno i Vendicatori alle minacce di Lemuria non dovete far altro, che
leggere il prossimo episodio. Da parte nostra noi possiamo solo dirvi…
CONTINUA !